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Affiliata a: F.I.S.S. (Federazione Italiana di Sessuologia Scientifica) - E.F.S. (European Federation of Sexology) - W.A.S. (World Association for Sexual Health)
Associazione Italiana Sessuologia Psicologia Applicata
A.I.S.P.A.

Presidente dr. Roberto Bernorio 
Presidente onorario prof. Willy Pasini 

 

Attenzione agli abbracci: possono integrare una violenza sessuale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

IL FATTO
In un procedimento instaurato a seguito di querela nel 2018, un uomo è stato condannato in primo e secondo grado per il delitto di violenza sessuale commesso in danno della vicina di casa, per averla afferrata per un braccio, attirata a sè e stretta in un abbraccio, in occasione di un saluto, con contatto fisico dei genitali dei due soggetti e toccamento laterale del seno. 

LA SENTENZA
Il condannato proponeva ricorso per cassazione non contestando la natura sessuale dell’abbraccio ma, in particolare, rilevava il difetto del carattere violento della propria condotta, anche perché la donna non aveva palesato il proprio rifiuto agli approcci fisici. 
La Suprema Corte, con esntenza n. 378 del 2020,  ha dichiarato il predetto ricorso inammissibile per manifesta infondatezza argomentando, in conformità alla consolidata giurisprudenza in materia, che «[..] in tema di violenza sessuale, l’elemento oggettivo consiste sia nella violenza fisica in senso stretto, sia nella intimidazione psicologica che sia in grado di provocare la coazione della vittima a subire gli atti sessuali, sia – ed è quanto rileva nella vicenda in esame – anche nel compimento di atti di libidine subdoli e repentini, compiuti senza accertarsi del consenso della persona destinataria, o comunque prevenendone la manifestazione di dissenso». 
L’imputato è stato quindi condannato in via definitiva per violenza sessuale, sia pure in forma attenuata.

IL COMMENTO
La violenza sessuale, si sa, non si perfeziona esclusivamente attraverso la congiunzione carnale con una persona dissenziente, ma è integrata ogni qual volta sia lesa la libertà dell’individuo di scegliere in modo autonomo e indipendente della propria sfera sessuale, senza condizionamenti di ordine fisico o morale. 
Spesso, infatti, la vittima di reati a sfondo sessuale viene presa alla ‘sprovvista’ dall’azione repentina dell’agente, trovandosi improvvisamente costretta a subire un contatto fisico non voluto, prima ancora di poter esprimere il proprio dissenso. 
Nel caso in esame, ha assunto rilievo per la condanna dell’uomo il fatto che abbia improvvisamente e rapidamente afferrato la vicina di casa per abbracciarla, con annesso contatto fisico tra i corpi dei due soggetti, coinvolgente anche la zone genitali, e toccamento del seno della donna. Secondo la ricostruzione del condannato, la donna non avrebbe manifestato di essere contraria al suo approccio, ma in realtà costei non ha avuto nemmeno il tempo di reagire liberandosi alla presa del vicino di casa, o di manifestare altrimenti il proprio dissenso. 
Tali situazioni non possono essere trascurate solo perchè consistono in un contatto fugace ed estemporaneo, o perché la vittima non ha chiaramente palesato il proprio rifiuto, ma divengono penalmente rilevanti nel momento in cui sono idonee a pregiudicare il diritto dell’individuo di determinarsi liberamente e autonomamente in ambito sessuale. Integra una vera e propria forma di costrizione l’invasione della sfera intima altrui senza suo consenso tout court o in assenza di un consenso valido. 
L’abbraccio può integrare un atto ‘a sorpresa’ di natura sessuale – nel caso sottoposto al vaglio della Cassazione, infatti, dall’attrazione a sé della donna è conseguito il toccamento del seno e il contatto dei genitali tra i soggetti − se confermato anche dal contesto di svolgimento della condotta e dal rapporto intercorrente tra le parti coinvolte (in questo caso semplici ‘vicini di casa’).
Allo stesso tempo, tale pronuncia offre un diverso spunto riflessivo: è vero che qui l’agente non ha negato la natura sessuale dell’abbraccio ‘rubato’ alla donna, ma da un punto di vista più generale, avulso dal fatto rappresentato e strettamente oggettivo, l’abbraccio in sé comporta naturalmente un contatto tra corpi di soggetti diversi. Il rischio che si corre è quello di un indebito ricorso a tale severo orientamento per inquadrare come atto sessuale quello che è, di fatto, un gesto sì determinante il contatto fisico tra diversi soggetti, ma nella maggior parte dei casi espressione di affetto sincero e senza altri fini. 
Invero, non sempre è facile valorizzare nel modo corretto il contesto in cui è stato realizzato il comportamento, la psicologia dell’agente e il rapporto sussistente tra le parti, al fine di colorare o meno di sessualità un determinato gesto. Quando i contorni della dinamica dei fatti sono sfumati, ad esempio perché l’agente oltre all’abbraccio non ha compiuto ulteriori movenze o dichiarazioni atti a valorizzare l’intento di soddisfare il proprio istinto sessuale, non sarebbe meglio riportare la condotta dell’agente su un piano diverso da quello della violenza sessuale, ossia della violenza privata?

avv. Anna Prandina